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Oggi un cielo opaco di nembi cirriformi minaccia ritorsioni umide di pensieri.

Non sono triste.

E nemmeno apatica.

Ho solo lucida consapevolezza di quello che avverto.

Sopravvivo a fatica nella nostra epoca, talvolta mi manca l’ossigeno. Arranco su sentieri sdrucciolevoli e sono stanca (questo sì!) delle futilità, delle inconsistenze tanto di moda nei rapporti interpersonali (per restringere il campo e non trasmigrare costantemente da terreni particolari a terreni generici mescolando invettive e intenzioni). L’aleatoria border-line fra esserci e non esserci mi da la sensazione di sfiancare le relazioni, causare ansia da prestazione, sindrome da abbandono e senso di perdita (… ma di chi? Di cosa?)

Non credo sarebbe tanto riprovevole ammettere un bisogno di concretezza, concretezza non è pesantezza o staticità… concretezza è presenza vitale, crescita, è percorso, è sapere di poter contare su chi decide di esserci… senza strafare, eh… giusto con quel minimo sindacale di coerenza dovuto a una relazione di qualsiasi natura. Invece no. Viviamo più agilmente da stazioni ferroviarie in un girotondo di arrivi e partenze senza orari sul tabellone. Viviamo da hotel in balia dell’anarchia di avventori senza l’obbligo di check-in. Qualcuno può controbattere che siamo noi a permettere ciò… il che può essere ragionevolmente vero.

Non fraintendetemi, non ce l’ho con nessuno in particolare, la mia osservazione nasce – sì, da esperienze personali –  ma anche dall’osservazione del mondo che mi circonda e dal risultato dell’interfacciarmi con un repertorio di varia umanità portatore di altrettanto vario capitale umano.

Solitamente, mi viene detto di non pensarci e di prendere la vita come viene, ma in questo prendere la vita come viene si cela il conviene (che sciocchi a non accorgercene!) e – tout court – il dilagante processo di deresponsabilizzazione… è come dire: «non voglio responsabilità, faccio avanti e indietro a seconda dei miei umori… perchè… oh! Se mi volete  sono così!».

Abbiamo dimenticato l’antica virtù dell’essere animali sociali. Diventiamo sempre più esseri senza memoria, senza ricordi… perchè Galeano mi insegna che ricordare deriva dal latino re-cordis: ripassare dalle parti del cuore. E, noi, la strada che passa da lì – forse – l’abbiamo dimenticata. Vederla non conviene… figuriamoci imboccarla!