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Marcovaldo ovvero Le stagioni in città è stato dato alle stampe la prima volta nel 1963 da Einaudi nella collana Libri per ragazzi. Il libro si compone di venti racconti, divisi in cinque cicli, ciascuno comprendente quattro racconti, uno a stagione; protagonista assoluto è Marcovaldo: un uomo mite, padre di famiglia che lavora in azienda in una città industriale di cui non si fa nome. Marcovaldo è indifferente allo scintillante mondo della città (le luci, le vetrine, le insegne luminose, …), gli interessa scoprire i dettagli in cui intuire la natura e il passaggio delle stagioni (le foglie ingiallite, il fiume, la luna …). Intuisce che le fabbriche, il progresso dominano le persone e hanno allontanato l’uomo dalla Natura, ne ha nostalgia e tenta a suo modo di recuperare quel rapporto perduto, ma va – inevitabilmente – incontro a delle delusioni. Non si può tornare indietro, sembra comunicarci Calvino, siamo andati troppo oltre per tornare allo stato atavico del buon selvaggio. Eppure per quanto le speranze possano essere vane e illusorie l’insegnamento che Calvino lascia con il suo Marcovaldo è di continuare a credere in ciò che si ritiene giusto e in linea con propri ideali. Ostinazione si, rassegnazione no.
Personalmente ho letto questo libro per la prima volta a 34 anni e (sarà che subisco il retaggio delle mie sovrastrutture interpretative) non m’è sembrato del tutto adatto a un pubblico di giovanissimi lettori. Mi spiego: se sotto il profilo della trama, i racconti sono essenzialmente lineari, il linguaggio – per contrasto – è spesso intellettualistico, ricercato e farcito di preziosismi che non rendono immediata la fruizione in toto dei concetti. Questo è un mio particolarissimo sentire. Di contro posso affermare che, comunque, i racconti – ove più, ove meno – si prestano a più piani interpretativi, risultando – quindi – idonei alla fruizione da parte di una tipologia di pubblico variegato che se non è in grado di cogliere tutti i dettagli della sottile e ironica malinconia critica di Calvino, è sicuramente in grado di cogliere le linee di fondo della trama.
gaberricci ha detto:
Bel libro. Non il migliore di Calvino, di sicuro, ma l’ho apprezzato, anche se personalmente ci ho visto un difetto opposto a quello che ci vedi tu: quello di essere eccessivamente didascalico.
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pagsy7 ha detto:
Si, può darsi che nell’impianto lo sia. Io ho dubbi che invece non lo sia sul piano linguistico e formale.
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gaberricci ha detto:
Be’, c’è anche da dire che parliamo di un libro scritto quarant’anni fa.
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pagsy7 ha detto:
Si, su questo hai assolutamente ragione. Sarà merito/colpa dell’esperienza che vado maturando con ragazzini delle elemetari e medie, ma posso garantire che diversi di loro avrebbero non poche difficoltà nel leggerlo… le mie osservazioni sono scaturite anche da questo.
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gaberricci ha detto:
In generale, il nostro vocabolario si sta impoverendo, in effetti.
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pagsy7 ha detto:
Sadness!
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marzia ha detto:
Ho letto altro di lui, ma non questo…sai…
Mi son piaciute molto le sue “Lezioni americane”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Lezioni_americane
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pagsy7 ha detto:
e figurati! A me lo dici… Lezioni americane è fichissimo, soprattutto la lezione sulla leggerezza 😉
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marzia ha detto:
Sì..
Ti ho scritto
😀
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pagsy7 ha detto:
e io ti ho risposto 😉
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marzia ha detto:
Leggerossi e prima di crollare anche io sul mio “letto di dolore” risponderossi..
Oh yesssssssss
😉
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pagsy7 ha detto:
ahahahhahahah!
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unpodimondo ha detto:
Marcovaldo l’ho letto sia da bambino che da adulto e mi è piaciuto un sacco. Logicamente i piani di lettura sono stati differenti. Quello che posso dire è che si tratta di un libro figlio del suo tempo, cioè del boom economico e del conseguente inurbamento , del nascente consumismo e dell’industrializzazione degli anni ’60 e ’70… La prima volta che l’ho letto è stato alle elementari a metà degli anni ’70 e davvero dipingeva la metropoli di quegli anni e i primi germi di un ambientalismo ancora da venire… Per comprenderlo va inquadrato in quel periodo lì e come colonna sonora ci andrebbero messe accanto le canzoni di Adriano Celentano di quel periodo… “un albero di 30 piani” del 1972 e “il ragazzo della via gluck” del 1966…
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pagsy7 ha detto:
si, assolutamente… collocato nel suo periodo storico rende la massimo delle sue potenzialità. Io lavoro con i ragazzi di scuola elementare e media e posso garantire che di fronte ad alcuni racconti ivi contenuti, andrebbero in panico. Questo libro mi ha lasciato la sensazione che tolta la sua apparente linearità, celi una visione ben più profonda e arguta.
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phlomis68 ha detto:
Io l’ho letto in quarta elementare a scuola a milano era il 77 circa, mi colpi’ molto , marcovaldo un antieroe moderno, lo ricordo con affetto…
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pagsy7 ha detto:
Ciao phlomis, mi fa molto piacere avere il parere di chi l’ha letto da bambino e mi rincuora sapere che cmq colpisce ed è comprensibile anche a quell’età… grazie
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